No alla gogna sul palco di Sanremo. No alle scommesse sul Festival. I discografici contro la Rai. Non ne vogliono sapere di dibattiti-talk show all’Ariston con ospiti vari pronti a giudicare le canzoni e di schedina per pronosticare i vincitori. «Non vogliamo che Sanremo venga trasformato nel bar dello sport o che i cantanti siano trattati come i cavalli», attacca Enzo Mazza, direttore generale della Fimi, l’associazione che riunisce circa il 90% delle etichette e delle case discografiche. «E’ necessario incontrarsi con la Rai e discutere. Tutto il Festival ruota attorno alle canzoni: è vero che è anche un grande evento televisivo, ma senza la musica non ci sarebbe nulla», aggiunge Luigi Barion, presidente dell’Afi, l’altra associazione di settore. La paura dei discografici è che portare critici e ospiti in diretta trasformi la gara in una gogna mediatica. Temono l’effetto-reality: urla, schiamazzi e liti studiati per fare audience. Bonolis ha detto che non vuole trasformare Sanremo in un «circo Barnum» e che cerca volti «che portino qualcosa di diverso». «Non dico che lui non stia facendo un buon lavoro televisivo – dice Mazza -. Il problema non sono tanto i critici musicali che daranno giudizi tecnici, ma temiamo che altri personaggi abbiano il desiderio di abbassare il livello soltanto per mettersi in mostra». Quelli che la Fimi proprio non vorrebbe vedere sono «i tipici ospiti da reality show: pronti a dire cose incredibili e trasformare tutto in un baraccone pur di farsi notare». Fuori i nomi. Bonolis ha detto che ci sarà sicuramente Ambra. Non sarà un critico, ma è compagna di Francesco Renga, uno dei cantanti in gara. E se ci fosse anche Loredana Lecciso, compagna di Al Bano. Qualcosa di musica capiranno, no? «Non è che le mogli degli avvocati siano esperte di leggi», replica Mazza. Il presentatore ha anche annunciato che vorrebbe scrittori come Alessandro Baricco e Giorgio Faletti. Non potrebbero dire qualcosa di sensato sui testi? «Ribaltiamo i piani: a loro andrebbe bene che i loro romanzi venissero maltrattati in tv da chi magari li ha letti distrattamente?». Secondo Mazza sono i giovani quelli che rischiano di uscirne con le ossa rotte: «Il giudizio di un personaggio famoso potrebbe influenzare il pubblico e distruggere il lavoro serio e professionale che c’è dietro a ogni canzone». Aggiunge Barion: «Spero almeno che i cantanti non siano obbligati a partecipare a questi siparietti». Insomma, la rivoluzione annunciata da Bonolis e Raiuno ha compattato la categoria.
Lo scorso anno Fimi e Afi si divisero: la prima boicottò il Festival, la seconda mandò i suoi artisti. Per questa edizione l’organizzazione è sotto tiro incrociato. Secondo motivo del malcontento dei discografici è la schedina. I Monopoli di Stato hanno annunciato un concorso tipo Totogol: bisogna indovinare chi arriverà in finale in ciascuno dei cinque raggruppamenti (uomini, donne, gruppi, classic, giovani) in gara. La Fimi esprime «preoccupazione». Riassume Mazza con una battuta: «Gli artisti non sono cavalli, quello della scommessa ci sembra un meccanismo deleterio per le canzoni». E aggiunge: «Non si capisce perché lo Stato debba incassare soldi grazie agli artisti, se poi per noi non fa nulla». La richiesta è quella di «destinare i proventi a sostegno degli artisti emergenti o all’organizzazione di iniziative di lotta alla pirateria o in altri provvedimenti a favore della musica italiana». Non piace nemmeno l’idea del televoto, quello che deciderà il vincitore finale. «Anche qui – rilancia Barion – non capiamo perché debbano guadagnarci solo gli operatori telefonici». Se la Rai rispondesse picche alle richieste dei discografici? L’Afi «non minaccia il ritiro dei propri cantanti dal Festival, ma invoca un maggiore spirito di confronto». Più secco Mazza: «Ci auguriamo che l’organizzazione cambi approccio. E’ ancora presto per parlare di ritiro dei cantanti: prima vogliamo un incontro».