Il mercato discografico globale a livello mondiale ha mostrato nel 2009 dei segnali contrastanti: i ricavi delle aziende del disco hanno fatto registrare un calo del 7,2% pari a 17 miliardi di dollari con i due più grandi mercati, Giappone e Stati Uniti, a guidare il declino. La contrazione delle revenue per l’industria musicale, escludendo questi due Paesi, nel 2009 è stata del 3,2%. Dall’altra parte però si è assistito ad una crescita importante in alcune aree chiave, come la musica digitale, aumentata del 9,2%. I ricavi da questo asset, sono stati nell’ultimo anno di 4,3 miliardi di dollari, non ancora in grado però di compensare il calo del mercato tradizionale che nell’ultimo anno è stato del 12,7%. La musica digitale, rispetto al valore registrato nel 2004, è cresciuta di ben 10 volte e le piattaforme online rappresentano oggi per le case discografiche il 25,3% di tutte le loro entrate. Negli Usa le vendite online hanno raggiunto il 43%, quasi la metà del mercato complessivo. Vale la pena sottolineare la crescita del 40% del mercato digitale in paesi come Argentina, Australia, Austria, Danimarca, Finlandia, Singapore, Svezia e Regno Unito. Le nuove forme di tutela legislativa registrate negli ultimi anni in Svezia e Corea del Sud, unitamente al lancio di nuovi e popolari servizi, hanno permesso di far aumentare il mercato musicale del 10% nel 2009.
Nuovi modelli e servizi in licenza
Oggi ci sono nel mondo più di 12 milioni di tracce musicali disponibili in oltre 400 piattaforme di musica online. Si va dai negozi online come Amazon o i-Tunes, ai siti di video-sharing come Youtube ai servizi di streaming audio come Deezer e Spotify. Inoltre alcuni ISP come Sky, TDC e Telia hanno iniziato una collaborazione attiva con le case discografiche per offrire servizi musicali legittimi. Un recente studio di Ovum nel Regno Unito, ha mostrato come gli ISP potrebbero notevolmente aumentare i propri ricavi offrendo servizi di musica legale. La ricerca, pubblicata nel marzo 2010, ha evidenziato come sarebbe possibile per queste aziende, investendo nella musica attraverso servizi di consumo medio, generare, nel giro di 3 anni, 100 milioni di sterline.
L’impatto della pirateria nei principali mercati
Spagna -14,3% Canada -7,4%, questi i Paesi con le più deboli misure antipirateria, mostrano come il problema dell’illegalità, nel quale rientra anche l’Italia, sia ancora molto forte ed abbia influenzato lo sviluppo della misica legale da oltre un decennio nei principali mercati mondiali. La Spagna, dove il file sharing illegale è più del doppio del tasso medio in Europa, ha visto crollare dal 1999 il proprio mercato del 60%.
Il Canada è l’unico governo dei paesi in via di sviluppo che non ha implementato il trattato internazionale sul copyright, accordi decisi un decennio fà, e questo ha inciso fortemente sul problema della pirateria a livello mondiale. Un numero di siti illegale spopositato è presente sulle reti internet canadesi. Una ricerca presentata nel 2010 sull’impatto economico della pirateria sulle industrie creative, mostra che l’Unione Europea potrebbe perdere 1,2 milioni di posti di lavoro in tutto il settore creativo entro il 2015 se non si riuscirà a dare un’efficace risposta contro la pirateria. Il p2p resta la forma più diffusa di illegalità con oltre il 20% del trafifco internet a livello mondiale. In America Latina questa percentuale sale al 35%,in Europa al 29%.
Susan Boyle è stata l’artista che ha venduto di più nel 2009
Susan Boyle con l’album “I Dreamed a Dream” è stata l’artista che ha venduto di più nel 2009, 8,3 milioni di dischi. Un dato che ha superato quello registrato lo scorso anno dai Coldplay’s con “Viva la Vida” che ha venduto 6,8 milioni di copie. La morte di Michael Jackson, a soli 50 anni, ha fatto sì che nella top ten 2009 ci fossero ben 3 suoi dischi. Due sono compilation e il terzo è stato Thriller, suo album del 1982, diventanto il disco più venduto di tutti i tempi.
Diritti connessi in crescita
I ricavi dai diritti sulle opere musicali per gli utilizzi sulla radiofonia, nel pubblici esercizi, ecc. hanno mostrato notevoli perfomance nonostante la difficile situazione di crisi economica mondiale, mostrando una crescita nel 2009 del 7,6% a 0,8 miliardi di dollari. Questo si inquadra in una situazione di crescita ininterrotta dal 2003 con i ricavi derivanti da diritti che rappresentano il 4,6% del totale delle revenue delle case discografiche.
A margine della presentazione dei dati mondiali, John Kennedy, Presidente di IFPI, ha dichiarato: “Il business della musica a livello mondiale sta continuando nella sua lotta, nonostante il problema della pirateria, le nostre industrie stanno investendo in giovani talenti e sviluppando nuovi modelli di business. Si parla di oltre 5 miliardi di dollari all’anno investiti nello sviluppo e nella commercializzazione di artisti, mentre centinaia di licenze di nuovi servizi sono state attivate per far fronte alle nuove esigenze dei consumatori. Nel complesso le vendite di musica sono calate nel 2009 del 7% ma vi sono anche degli aspetti incoraggianti: sono oltre 13 i Paesi in cui è cresciuto il mercato, comprese nazioni importanti come l’Australia, il Brasile, la Corea del Sud, la Svezia e il Regno Unito. Le vendite digitali in alcuni di questi mercati sono cresciute molto e riflettono le potenzialità che le nuove piattaforme online e i canali mobili sono in grado di offrire. Corea del Sud e Svezia in particolare hanno visto crescere notevolmente questa area grazie anche ad un miglioramento del proprio quadro normativo di tutela e sviluppo dei contenuti digitali”.
“Ridurre l’impatto della pirateria – ha proseguito il presidente mondiale dei discografici – in modo da evitate che gli investimenti e l’innovazione del nostro comparto industriale siano annullati, è una questione fondamentale per lo sviluppo del nostro settore. Anche in questo caso i segnali non sono molto incoraggianti. Regno Unito e Francia hanno intrapreso una lotta più dura contro la pirateria rinnovando il proprio impianto legislativo. C’è una battaglia enorme da combattere ma è evidente che sia cresciuta da parte dei singoli Governi la consapevolezza che sia necessario dare una risposta importante anche attraverso l’adozione di nuove norme a tutela delle opere creative. Sono sotto gli occhi di tutti le grandi potenzialità del business digitale, non va oscurato dall’illegalità, per questo occorre agire in modo veloce e determinato”.
Pirateria: a rischio 1,2 mln posti
Contraffazione nel 2008 ha bruciato 9,9 mld euro in Europa
Pirateria: a rischio 1,2 mln posti (ANSA) – 27 APR – Oltre 1 milione di posti di lavoro e 240 miliardi di euro: li perdera’ nei prossimi 5 anni l’industria creativa europea a causa della pirateria. L’allarme per cinema, musica e tv lo ha lanciato la societa’ di consulenza Tera Consultants nel corso delle Giornate mondiali sulle proprieta’ intellettuali. Scambiare musica online, copiare cd o scaricare illegalmente film ha contribuito, nel 2008, a bruciare in Europa 9,9 miliardi di euro di mancati ricavi e a fare scomparire 186 mila posti di lavoro.
Studio Indipendente Europeo conferma gravi dannni causati dalla pirateria digitale all’occupazione nei settori creativi
AFI, FIMI e PMI, e le maggiori organizzazioni sindacali italiane del settore,SLC CGIL – SAI Sindacato attori italiano, FISTEL CISL, UIL – Unione Italiana Lavoratori della comunicazione – hanno espresso forti preoccupazioni per le risultanze dello studio
La società indipendente TERA Consultants ha annunciato oggi uno studio economico che mostra il risvolto drammatico della pirateria digitale sull’economia del lavoro in Europa. Nel 2008, le industrie creative dell’Unione Europea, cinema, musica, televisione e software, hanno offerto un contributo pari al 6,9% o a circa 860 miliardi di euro al totale del PIL europeo, con una quota del 6,5% dell’occupazione totale dell’UE, pari a circa 14 milioni di lavoratori.
Nel 2008, a causa della pirateria (e principalmente della pirateria digitale) le industrie creative dell’Unione Europea che hanno maggiormente subito l’impatto delle attività illecite (cinema, serie televisive, produzione musicale e software) hanno registrato perdite pari a 10 miliardi di euro ed un totale di 185.000 posti di lavoro in meno. Solo in Italia i danni sono stati di 1,4 miliardi di euro con 22.400 posti di lavoro perduti.
Sulla base delle attuali proiezioni e in assenza di cambiamenti significativi nella politica del settore,le industrie creative dell’Unione Europea potrebbero subire entro il 2015 perdite pari a 240 miliardi di euro e 1,2 milioni di posti di lavoro in meno. Lo studio TERA delinea due scenari sui possibili costi causati, fra oggi e il 2015, dal fenomeno della pirateria, basandosi in entrambi i casi sulle previsioni sul traffico Internet di Cisco System ed ipotizzando che non venga presa alcuna misura per arginare la pirateria. Nel primo scenario, si ipotizza che la pirateria digitale cresca proporzionalmente al traffico di condivisione dei file (file-sharing), offrendo così uno scenario e una stima conservativa delle perdite. Dal 2008 al 2015, si prevede che il traffico di condivisione dei file in Europa cresca ad un tasso annuale di oltre il 18%.
Se le perdite derivanti dalla pirateria digitale dovessero crescere a questo ritmo, il settore registrerebbe nel 2015 perdite nei settori di produzione musicale, film, serie TV e software per circa 32 miliardi di euro. In assenza di cambiamenti significativi nelle politiche governative, e considerata la crescita delle perdite legate alla pirateria su base annua,si prevede che i posti di lavori perduti annualmente sia definitiva, con una conseguente scomparsa incrementale di posti di lavoro nel settore. Di conseguenza la perdita di posti di lavoro nella UE sarebbe di circa 610 mila unità entro il 2015, rispetto a una perdita di poco più di 185 mila nel 2008. Nel secondo scenario, si ipotizza che la crescita della pirateria digitale segua invece i trend globali di traffico IP dei clienti in Europa (ad es., comunicazioni effettuate via Protocollo Internet). Questo scenario tiene conto sia dell’attività di streaming online, sia del file-sharing, offrendo così un’idea dell’impatto massimo della pirateria digitale. Dal 2008 al 2015, si prevede che il traffico dei consumatori IP cresca ad un tasso superiore al 24%. Qualora la crescita della pirateria digitale in Europa dovesse allinearsi su questo dato, il settore registrerebbe nel 2015 perdite nei settori di della produzione musicale, film, serie TV e software per circa 56 miliardi di euro, rispetto ai circa 10 miliardi di euro del 2008.
In assenza di cambiamenti significativi nelle politiche governative, e considerata la crescita delle perdite legate alla pirateria su base annua, si prevede che i posti di lavori perduti annualmente divenga definitiva, con una conseguente scomparsa incrementale di posti di lavoro nel settore. Di conseguenza la perdita di posti di lavoro nella UE sarebbe di circa un 1,2 milioni di unità entro il 2015, rispetto a una perdita di poco più di 185 mila nel 2008. Le associazioni degli industriali del settore musicale aderenti a Confindustria, AFI, FIMI e PMI, e le maggiori organizzazioni sindacali italiane del settore,SLC CGIL – SAI Sindacato attori italiano, FISTEL CISL, UIL – Unione Italiana Lavoratori della comunicazione hanno espresso forte preoccupazione per le risultanze dello studio che verrà presentato prossimamente alle istituzioni italiane richiedendo un forte intervento di contrasto da un fenomeno che rischia di distruggere il settore creativo.